I robot e la nostra paura verso la tecnologia

Bonan matenon! Nella pagina di benvenuto su Simil_Actio vi era stato detto che avremmo tentato un approccio al vasto mondo della simulazione tramite film e psicologia, ergo, è giunto il momento di tenere fede a quella promessa. Per guidarvi nella lettura, vi fornisco una breve linea guida dei punti che saranno affrontati: inizialmente cercheremo di capire il motivo di questa “paura” verso i robot e, più in generale, verso la tecnologia. In parallelo saranno portati alcuni esempi tratti da film in cui paura e diffidenza verso i robot e la tecnologia sono ben dichiarate.

La paura dei robot nei film

scene tratte dal film I, Robot

In primis risulta fondamentale chiedersi il motivo per cui la popolazione umana provi paura nei confronti dei robot ed in secundis se essa sia specifica o meno. Ovviamente la paura verso i robot non è specifica, anzi, sono presenti numerose evidenze che provano che il nostro atteggiamento verso i robot stia migliorando e divenendo positivo. Tuttavia, i film prodotti negli ultimi anni sembrano confermare i nostri sospetti di robot, IA, cyborg malevoli e dalle cattive intenzioni. Un esempio di questo è il film I, Robot, nel quale V.I.K.I. – il cervello positronico della U.S. Robots – tenta l’instaurazione di una dittatura robot al fine di proteggere gli uomini da loro stessi, riprendendo la concezione latina dell’homo homini lupus.

A tal riguardo ricordiamo che all’interno della narrativa fantascientifica è sovente presente uno scenario in cui i robot si ribellano e competono con l’uomo, sfuggendo, in un certo senso, al controllo del proprio creatore. Lo scrittore Isaac Asimov individuò nella formulazione delle Tre Leggi della Robotica un tentativo di controllare le azioni dei robot. Ad ogni modo è importante considerare le caratteristiche dei robot immaginati da Asimov e le caratteristiche degli attuali robot. La maggior parte dei robot ora diffusi e ampiamente utilizzati presenta né volontà né coscienza di sé, il che rende difficile presupporre che si rivelino un pericolo per l’umanità.

Il ruolo dell’aspetto estetico

Andrew Martin

Ora consideriamo l’aspetto estetico dei robot: quando parliamo di robot, quale fisionomia gli attribuiamo? Quella di R2-D2 oppure quella di Andrew Martin poco prima di morire? Attualmente siamo più preoccupati e spaventati dai cyborg che vediamo in Terminator, in Blade Runner 2049 piuttosto che dai Borg in Star Trek. Perchè? Sono numerosi i fattori che concorrono a fornire una risposta adeguata. Innanzitutto i media e i tabloid tentano di metterci in guardia dai robot simili a Terminator perchè potrebbero costituire una minaccia alla nostra sicurezza in quanto incapaci di riconoscerci come loro “amici” e potrebbero essere capaci di prendere decisioni in autonomia, senza l’attesa di un ordine preciso fornito da un essere umano. Potete leggere un esempio di questo approccio qui.

Il ruolo delle abilità

In aggiunta a questo aspetto, consideriamo le qualità fisiche che potrebbero essere in possesso dei cyborg, sempre tenendo presente l’esempio di Terminator oppure di Ava (dal film Ex Machina). Ciò che ci disarma – in senso letterario – quando pensiamo ai robot è la loro forza fisica, la loro resistenza, la velocità di apprendimento, il loro sviluppo straordinario dei cinque sensi, la loro quasi infallibilità, la loro apparente perfezione, etc. Nessuno di noi riterrebbe il detective Del Spooner (I, Robot) un individuo pericoloso, per quanto anch’egli sia un essere umano potenziato, come tante altre persone con cui ci capita di interagire. Tutto ciò indubbiamente ci riporta alla realtà dei fatti e può contribuire ad alimentare la nostra paura verso questi “oggetti”.

In altre occasioni ho fatto riferimento alla Storia come magistra vitae per quanto concerne il rapporto esistente tra gli uomini e le macchine: queste ultime sono ampiamente considerate facenti funzioni dell’uomo per alcune delle caratteristiche sopra descritte. A ciò aggiungiamo il senso di soddisfazione e gratificazione che l’uomo ricava dal proprio lavoro, il quale attribuisce uno status all’individuo. Alla luce di queste considerazioni risulta maggiormente comprensibile il motivo per cui in Abissi d’acciaio i terrestri siano così restii ad accettare la cooperazione con i robot, discostandosi in tale modo dalla prassi degli Spaziali.

Il ruolo della disinformazione

Rammentiamo, però, che la paura deriva dall’ignoto e tendenzialmente sono le cose sconosciute a scoraggiare perchè non si conosce il modo in cui agire. Inoltre, quando qualcosa è temuto, ci si affida molto all’opinione altrui e, sciaguratamente, ci si affida al parere di non esperti. Inoltre se un elemento che prima ci permetteva di distinguere più facilmente un robot umanoide da un uomo vero era la presenza di emozioni, ora questo principio viene quasi messo in discussione con le recenti scoperte scientifiche. Quanto i robot saranno simili agli esseri umani dunque? Ecco un articolo interessante con cui è possibile scoprire quali siano i limiti e gli obiettivi dell’Emotional Artificial Intelligence.

Singolare è il film d’animazione Il gigante di Ferro in cui è ben espressa sia la paura verso un’entità misteriosa e nuova – per l’appunto il gigante di ferro – sia la linea di azione che un essere umano di fronte ad un’eventuale minaccia mette in atto.

 

In conclusione vi invito a riflettere sul ruolo che i film, tanto quelli di fantascienza tanto quelli d’animazione, ricoprono nella formazione di immagini e opinioni nel pubblico. Al momento poche persone sembrano davvero interessate al riguardo, ma questo aspetto non è da sottovalutare. Per approfondire questo ultimo risvolto, vi segnalo questa conferenza: https://www.ted.com/talks/colin_stokes_how_movies_teach_manhood. Buona visione!

 

P.S. Indubbiamente ho raccontato il finale di molti film, spero non siano spoiler! In tal caso, sappiate che sono ampiamente odiata e temuta per questo dettaglio marginale e di poco conto (affermato con molta autoironia).

 

A presto,

Mara

 

Fonti:

  • M. Szollosy (2016). Freud, Frankenstein and our fear of robots: projection in our cultural perception of technology. AI & Society: Knowledge, Culture and Communication, 42, 433 – 439.
  • http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-1204072/Warning-Rise-Terminator-style-robots-decide-kill.html
  • https://www.techworld.com/startups/could-humans-ai-software-add-emotion-automation-3665369/
  • https://www.ted.com/talks/colin_stokes_how_movies_teach_manhood
  • gyphy.com

4 thoughts on “I robot e la nostra paura verso la tecnologia

    Stefano
    on said:

    Post interessante, attuale e futuristico. Io penso che la paura verso i robot, o almeno verso quelli della finzione, sia in gran parte attribuibile alla coesistenza dell’elemento umano (aspetto, comportamento etc.) con l’elemento soprannaturale (forza e super-intelligenza). Tale binomio rende questi esseri dei candidati in grado di sostituirsi all’essere umano, reso obsoleto di fronte a tali “creature”. Tuttavia, fintanto che la macchina resterà tale, l’uomo non avrà ragione alcuna di temere i robot. Cosa succederebbe tuttavia se le macchine acquisissero la capacità di comprendere e mostrare emozioni? Ho trovato, a tal proposito, l’ultimo articolo sullo studio britannico che hai postato piuttosto inquietante, specialmente nella parte di applicazione dell’EAI ai colloqui di lavoro.

      Mara
      on said:

      Sono lieta che l’articolo sia risultato interessante, ti ringrazio per il commento e condivido il tuo pensiero: finchè il robot continuerà ad essere sotto il controllo dell’uomo, dovremo preoccuparci solamente delle intenzioni dei nostri simili. Continua a seguirci!

    Gio
    on said:

    Ho trovato questo post un valido spunto per una riflessione sull’impatto che i film di qualsiasi genere possano avere sull’opinione pubblica e suo ruolo che essi possano avere nella formazione di alcuni concetti all’interno della nostra cultura. Non tutte le persone sono capaci di discernere la realtà dalla finzione e spesso capita che la finzione rappresenti la realtà con cui confrontarsi. Continuate a scrivere articoli interessanti!!

      Mara
      on said:

      Innanzitutto ti chiedo venia per il ritardo con cui rispondo al tuo gradito commento. Esattamente, anche i libri possono contribuire alla creazione di immaginari ed opinioni, ma, per “fortuna” o “sfortuna”, non hanno generalmente lo stesso impatto dei film. Inoltre si può considerare la qualità e la quantità degli eventuali avventori di cinema (e annessi) e di librerie.

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